La messa al bando del biossido di titanio votata dalla Commissione Europea, dopo che l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) aveva aggiornato la sua valutazione su questo additivo tanto discusso, ci impone un profondo cambio di paradigma. La progressiva riduzione dell’uso del biossido di titanio, che avverrà nel giro di 6 mesi, e che parte dagli alimenti fino al completo abbandono del suo utilizzo, determinerà anche la progressiva diminuzione sul territorio nazionale di impianti per la sua produzione e la riduzione del numero di impianti insalubri di prima classe, la cui presenza è comunque fattore di rischio sanitario per la popolazione che vive nelle vicinanze e per i lavoratori impiegati in tali impianti. Questo è proprio quello che sta accadendo a Nera Montoro, a Narni, dove si dovrebbe insediare un’azienda dedita al trattamento di fanghi per il recupero di biossido di titanio. Ecco perché ho presentato una interrogazione al ministro della Salute per conoscere quali sono le iniziative nel campo per stimare il rischio di cancerogenicità per l’uomo in prodotti come farmaci, creme, cosmetici e dentifrici e di valutarne la sospensione nel rispetto del principio “do no significant harm”.
Inoltre, sempre in relazione ai rischi presenti nel nostro Paese, alcuni paesi europei come Francia e Paesi Bassi hanno previsto azioni ben specifiche a riguardo. Per questo credo sia necessario chiarire quali siano le procedure da adottare, o già in essere, per mettere al bando questa pericolosissima sostanza.
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