Ci sono regioni in Italia dove il diritto all’aborto è messo in discussione. La denuncia rilanciata su Instagram da Chiara Ferragni ha acceso i riflettori su un problema che si manifesta in alcune regioni, tra cui le Marche, governate da Fratelli d’Italia, ma anche in Umbria, guidata dalla Lega. L’impossibilità a ricorrere all’aborto è ostacolato quotidianamente dall’estesa obiezione di coscienza degli operatori sanitari che costringe chi ne ha bisogno a spostarsi anche fuori regione.
Ad essere negato, è il ricorso all’aborto farmacologico, procedura sicura, meno invasiva rispetto a quella chirurgica e preferita dalle donne europee.
Il 4 agosto 2020 il ministero della Salute ha pubblicato un aggiornamento delle linee di indirizzo sull’aborto farmacologico che autorizza il suo impiego fino alla nona settimana di età gestazionale, in regime di day hospital o presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale e autorizzate dalle Regioni. Perché le nostre istituzioni non applicano le linee guida della Organizzazione mondiale della sanità?
Ecco perché i candidati umbri del M5s hanno deciso di sottoscrivere l’appello lanciato dalle associazioni per la libertà di scelta
In questo contesto, l’azienda ospedaliera Santa Maria di Terni ha speso 26mila euro per costruire una “culla per la vita”, un’iniziativa che invece di incentivare un parto sicuro in ospedale lascia passare un pericoloso messaggio che favorisce parti in luoghi improvvisati senza assistenza sanitaria mettendo a rischio la vita di donne e bambini. Risorse che avremmo potuto investire in informazione volta a far conoscere l’esistenza della legge nazionale che già oggi garantisce la libertà di scelta di dare alla luce un figlio senza poi riconoscerlo, in totale anonimato, ma con la sicurezza di un parto in ospedale.
I candidati del M5S Umbria